mercoledì 22 luglio 2009

Cronaca dal Festival del tango di Menton , a cura di Paola Restagno







Pubblico con piacere il commento che Paola ha gentilmente inviato al blog.


Pulpo” Esbréz, a presto in Italia?

Siamo al Festival del tango argentino di Mentone. Al Palais de l’Europe c’è movimento per iscrivesi alle lezioni dei grandi maestri che sull’Esplanade si esibiscono la sera.
Dopo la lezione di Beatrice e Dariò esco a fumare una sigaretta sulla terrazza che dà sul Boulevard del Casinò, sempre animato ogni caldo pomeriggio di luglio. Poco dopo arriva un ragazzo in canottiera nera, muscoli torniti, pantaloni bianchi larghi un po’ goffi, capelli neri sciolti sulle spalle. Anche lui si affaccia e accende una sigaretta. Laissons nous aller à quelque vice! Mi dice che ha due soli vizi: il fumo e il tango. Se dovesse scegliere tra i due, ovviamente sceglierebbe il tango. Mi chiede se sono francese e quando dico che sono italiana propone di parlare in italiano perché con il francese non ha molta dimestichezza.
Penso che anche lui sia un contagiato da tango e chiacchieriamo. E’ argentino, vive a Buenos Aires, madre italiana di Molfetta che non è mai più tornata in Italia. E’ venuto lui una volta per vedere Molfetta e basta, gli è piaciuta tanto.
Parliamo del film “Bar El Chino” che si proiettava per l’occasione nella sala accanto e che avrebbe meritato un pubblico più numeroso: un film, tra il documentario e la fiction, delicato e intenso che descrive bene l’atmosfera di certi locali di Buenos Aires, il dolore che non guarisce di chi ha le radici altrove: “qui siamo senza radici, ma felici, se torniamo in Italia troviamo le radici, ma dopo una settimana non siamo più felici” e il tango è la cura di questo dolore innaturale che non tiene cura, che non tiene consolation: ma il cuore di ogni argentino continua a fare tic e tac, tic (el Chino indica la carta dell’Argentina) e tac (quella dell’ Italia).
Dico che sono lì perché voglio fare una lezione con el Pulpo, l’ho visto ieri sera e mi è piaciuta la sua strana danza ondivaga, quasi ipnotica; ma non lo vedo. Chiedo se lo conosce e lui mi guarda divertito: “el Pulpo? Son mi”. Scoppiamo in una risata. Non l’avevo riconosciuto, è molto più giovane di come sembrava stretto in quella giacca bianca, capelli legati sulla nuca, pantaloni neri che s’intrecciavano sinuosamente con quelli bianchi della dolce Stéphanie, da un anno la sua compagna di ballo. Non sembra essersi accorto della meraviglia che ha suscitato in chi ha assistito, quasi si scusa: era molto stanco, Mentone è stato il punto di arrivo dopo una serie di appuntamenti tra un continente e l’altro, di una lunga danza tra fusi orari.
Inizia la lezione: niente piroette: “ogni movimento este soave” – ripete - come la musica che sceglie. Semplice, in apparenza, ma raffinatissimo per i passaggi impercettibili che riesce a farti percepire.
Parte domani, ci salutiamo, mi dà i deplians rimasti del Festival Pulpo’s Tango (http://www.pulpostangoweek.com.ar/) che si terrà dal 21 al 28 di novembre 2009 a Buenos Aires da portare in Italia.
E per l’Italia non resta del tempo? gli domando. Al contrario! Ha una gran voglia di vedere l’Italia e quest’anno si è tenuto più libero: se mi chiamate, io vengo. Forse anche il suo cuore ha cominciato a fare tic e tac, tic e tac…
Ciao Pulpo.
Paola Restagno